Cronache Classiche Giro delle Fiandre 2018, trionfa Terpstra. Nibali, che cuore

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Niki Terpstra vince il Giro delle Fiandre 2018, bissando il successo della settimana scorsa nel Gp di Harelbeke. Già vincitore della Parigi-Roubaix, due volte sul podio al Fiandre, l’olandese della Quick Step scatta sul Kruisberg quando mancano 27 chilometri all’arrivo, approfittando dello scatto di un generosissimo Vincenzo Nibali. Resta da solo, riprende i fuggitivi e li annichilisce sul Paterberg. La ‘classica dei muri’, seconda classica monumento di stagione, è sua. Dietro di lui tiene il secondo posto il danese Mads Pedersen della Lotto, superstite della fuga. Poi Philippe Gilbert, compagno di squadra di Terpstra, e Michael Valgren dell’Astana. Greg Van Avermaet (Bmc), quinto, vince la volata dei battuti davanti al campione del mondo Peter Sagan.
LA GARA  – Si parte sotto il tipico cielo belga di marzo. Nuvole, qualche goccia di pioggia e sole a tratti. Dopo diversi tentativi, vanno via in 11 al chilometro 70: sono Iván García Cortina, Marco Haller, Pascal Eenkhoorn, Aime De Gendt, Ryan Gibbons, il nostro Filippo Ganna, Michael Goolaerts, Dimitri Peyskens, Pim Lighthart, Floris Gerts Jimmy Turgis. Il loro vantaggio arriva sui sei minuti, poi il gruppo comincia lentamente, e inesorabilmente, a ricucire. Problemi per Sepp Vanmarcke, coinvolto in ben due cadute nelle fasi iniziali. Quando mancano meno di 100 chilometri all’arrivo, iniziano la serie di attacchi e contrattacchi. La situazione è dinamica: tanti provavano a partire, il distacco crolla finché davanti non si forma un nuovo plotoncino di 12 corridori: 8 fuggitivi della prima ora e 4 contrattaccanti. Sul secondo passaggio in cima all’Oude Kwaremont si spezza il gruppo, con Sagan e Van Avermaet costretti a rimontare i migliori, tra cui spicca un sicuro Vincenzo Nibali. Davanti provano ad allungare Cortina del Team Bahrain, compagno di squadra dello ‘Squalo’ siciliano e Devriendt della Wanty. Restano allo scoperto per diversi chilometri prima di essere raggiunti da quattro corridori. Il loro vantaggio nei confronti del gruppo è sotto il minuto. Sul Koppenberg, a 45 chilometri dall’arrivo, vanno via in 3: Langeveld, Van Baarle e Pedersen, con una ventina di secondi sul plotone. Da segnalare che, in uno dei punti più pendenti del muro, il fenomeno delle crono Tony Martin è costretto a mettere il piede a terra e a salire a piedi, non è ben chiaro se per problemi tecnici o per altro.
Sembra faticare Gianni Moscon, lotta come un leone Nibali che resta in scia a Niki Terpstra, Sagan e ai migliori. Attacco di Van Avermaet sul Taieenberg, rispondono prontamente il campione del mondo e gli altri favoriti. Fatica Nibali che comunque riesce a rientrare in discesa. A 35 dall’arrivo Sagan deve sacrificare Daniel Oss in testa al gruppo (sono rimasti una trentina) per non lasciare troppo spazio ai tre davanti che hanno ora oltre 30 secondi. Sul Kruisberg, Oss molla, prova Colbrelli, chiude Moscon. Poi parte Nibali, sulla sua ruota si porta Terpstra (Quick Step) che lo stacca, restando da solo all’inseguimento di Langeveld, Van Baarle e Pedersen, distanziati di una quindicina di secondi. Stesso vantaggio, qualcosa di più, dell’olandese sul gruppo dei migliori. Mancano 20 all’arrivo, nel gruppo i Quick Step cercano di smorzare ogni tentativo di inseguimento. Nell’ultima ascesa dell’Oude Kwaremont Terpstra riprende e stacca i tre davanti, tra gli inseguitori mollano Nibali e Kwiatkwoski, con Vanmarcke e Benoot che provano disperatamente a non lasciare spazio all’olandese. Missione quasi impossibile, visto che i suoi compagni Gilbert e Stybar si incollano alle ruote di chiunque provi a inseguire. L’ultimo disperato tentativo è di Peter Sagan che sull’ultima salita al Paterberg stacca tutti e si lancia in solitaria a caccia di Terpstra (in mezzo c’è ancora Pedersen) che è lontano 30 secondi, quando mancano 13 chilometri all’arrivo. Va a vuoto e si rialza, ripreso dal gruppetto dei ‘superstiti’. E’ una cavalacata trionfale fino a Oudenaarde, quella di Niki Terpstra: il Giro delle Fiandre 2018 è suo.

Per le Cronache Classiche Gasparotto ha vinto l’Amstel Gold Race

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Enrico Gasparotto torna a vincere. Quattro anni dopo fa sua l’Amstel Gold Race

per la seconda volta in carriera. Doma il Cauberg, la sua salita, e vince in una volata a due senza storia. La dedica sul traguardo va al cielo e ad Antoine Demoitié, scomparso tre settimanein corsa.

Il primo sussulto nel tratto di trasferimento: Fabio Felline (Trek Segafredo) è caduto rovinosamente mentre sistemava il rilevatore di velocità sulla ruota anteriore (clicca QUI per il video) e si è dovuto ritirare con una frattura al naso. Nell’ora seguente si sono susseguiti diversi tentativi di fuga poco fortunati. L’azione buona è partita dopo quasi 40 chilometri e si sono avvantaggiati in 11: Matteo Bono (Lampre – Merida), Alex Howes (Cannondale), Laurent Didier (Trek – Segafredo), Laurens De Vreese (Astana), Matteo Montaguti (Ag2r La Mondiale), Kevin Reza (FDJ),  Tom Devriendt (Wanty – Groupe Gobert), Larry Warbasse (IAM Cycling), Fabien Grellier (Direct Energie), Josef Cerny (CCC Sprandi) e Giacomo Berlato (NIPPO – Fantini).

Il loro margine non è mai decollato con l’Orica-GreenEDGE a mantenere il distacco sui 5′. A dare manforte alla squadra sudafricana anche il Team Sky: la prima per Michael Matthews, la seconda per Michal Kwiatkowski, rispettivamente terzo e primo lo scorso anno.

Nei successivi chilometri non è successo granché nonostante il susseguirsi di cotes lungo il percorso. Il gruppo ha mantenuto sotto controllo la fuga. Ad una sessantina di chilometri dall’arrivo è partito un contrattacco formato da Gianni Meersman (Etixx-QuickStep), Tosh Van der Sande (Lotto-Soudal), Niccolò Bonifazio (Trek-Segafredo) e Bjorn Thurau (Wanty Groupe Gobert). Anche in questo caso il gruppo si è limitato a controllare fino ad andare a riprenderli a 30 chilometri dalla conclusione sul Keutenberg, mentre al comando erano rimasti solo Warbasse, Grellier, Matteo Bono, De Vreese, Matteo Montaguti e Howes con un minuto scarso di vantaggio. 

Il tentativo si è esaurito definitivamente al penultimo passaggio sul traguardo anche a causa di un attacco portato da Enrico Battaglin (LottoNL-Jumbo) sul Cauberg. Anche lui, però, è stato riassorbito dal gruppo. L’azione buona è arrivata in cima al Bemelerberg, con Tim Wellens (Lotto-Soudal) che è partito in contropiede prendendo subito vantaggio su un gruppo ridotto ad una quarantina di unità. Il Caberg ha respinto anche lui e i big si sono dati battaglia.

Antoine Demoitie. Questo il nome che risuonava nella testa di Enrico Gasparotto quando è partito, ormai nella seconda metà della cote finale. Un attacco deciso, secco. Arrivata da parte di un atleta che aveva già vinto questa corsa e che aveva la motivazione di vincere per il compagno di squadra morto dopo una caduta alla Gand-Wevelgem.

Enrico ha attaccato e ha dato sin da subito l’impressione di poter fare la differenza. L’unico a rimanere con lui è stato il danese Michael Valgren (Tinkoff): giovane e inesperto, non è stato in grado di opporsi all’azzurro che ha vinto con margine. Alle loro spalle, il più lesto in gruppo è stato Sonny Colbrelli (Bardiani Csf), finalmente capace di dimostrare il proprio valore anche in questo genere di corse che fino ad ora, per un motivo o per l’altro, l’avevano sempre respinto. Quarta posizione per Bryan Coquard (Direct Energie) mentre Michael Matthews, il grande favorito della vigilia, ha chiuso solo al quinto posto. L’Italia ha monopolizzato la top 10 con Diego Ulissi (Lampre-Merida) e Giovanni Visconti (Movistar) in settima e ottava posizione dietro Julian Alaphilippe.

Per le Cronache Classiche l’australiano Mathew Hayman a vinto la Parigi – Roubaix

Il carneade australiano Mathew Hayman esulta sul traguardo della Parigi-Roubaix. Alla sua sinistra Pat Boonen, che manca il quinto successo (Afp/Lo Presti)

Sapevo che alla Roubaix ogni tanto vince uno che proprio nessuno si aspetta. È toccato a me, non riesco a crederci: è surreale, mi sento stordito». Mathew Hayman, australiano, 37 anni, velocista- carneade dell’Orica Green Edge, ha conquistato la 114ª Parigi-Roubaix dopo una delle edizioni più folli e vibranti degli ultimi anni. Anche sul sito della giovane squadra aussie, le informazioni su questo vecchio ragazzo cresciuto alla periferia di Sidney sono povere: «Velocista di esperienza, ottimo come guida per i più giovani».

La prima fuga a 150 km dall’arrivo

Al suo palmares lungo due righe (ha vinto una volata alla Paris-Bourges del 2011 più qualche corsa molto minore) domenica Hayman ha aggiunto, dopo 17 stagioni di professionismo, la corsa in linea più famosa del mondo togliendo in volata a Tom Boonen la soddisfazione di essere il primo nella storia a vincere cinque Roubaix. La vittoria di Hayman è partita da lontano, in una fuga nata a 150 chilometri dal traguardo. Man mano che i fuggitivi venivano ripresi è rimasto attaccato a chi dava loro il cambio.

Cancellara cade e frena Sagan

Tatticamente, la corsa si è decisa lontanissimo dal traguardo: a 110 chilometri dal velodromo di Roubaix una caduta (una delle decine causate dal pavé scivoloso per la pioggia del giorno precedente) ha sorpreso i favoritissimi Sagan, Cancellara e Kristoff nella seconda parte del gruppo. Etixx e Sky ne hanno approfittato, tenendo il ritmo altissimo per avvantaggiare i capitani Tom Boonen e Ian Stannard. Il distacco dello svizzero e del campione del mondo, arrivato a sfiorare i due minuti, è sceso sotto i trenta secondi ma uno scivolone sul pavé ha messo fuori gioco Fabian Cancellara e costretto Sagan, pur capace di «saltare» l’avversario caduto davanti a lui con un’incredibile acrobazia, a un inseguimento che ne ha prosciugato le energie.

«Volevo solo dare una mano ai compagni»

Davanti la corsa sembrava nel totale controllo di Sky (quattro uomini su 14 in testa tra cui il bravissimo azzurro Moscon) quando una doppia caduta ha lasciato integro il solo Stannard. Nell’ultimo tratto importante di pavé prima Boonen, poi Vanmarcke, poi Stannard hanno tentato di prendere il largo. Ma a corto di forze i quattro son entrati assieme nel velodromo dove Hayman, lanciatosi nell’ultima curva, ha battuto nettamente Boonen diventando il secondo australiano della storia a vincere la Roubaix. «Una cosa del genere – ha detto l’ australiano – ogni tanti anni può succedere, ma solo alla Roubaix: ero venuto per vedere se potevo dare una mano a qualche compagno, visto che qui ho corso già 17 volte. Non avevo pressioni. Ho vinto. E pensare che 40 giorni fa in gara mi ero rotto il radio cadendo proprio in una piccola corsa belga. Ho recuperato bene, niente da dire».

Per le Cronache Classiche Peter Sagan ha Vinto il Giro delle Fiandre

Giro delle Fiandre 2016: Sagan, simply the best! Peter conquista la prima Monumento

Sempre in controllo. Senza paura, senza smorfie in un viso che sembrava pregustare la vittoria già a diversi chilometri dalla conclusione. Peter Sagan padrone del proprio destino e di quello di tutti gli avversari per andare a vincere la centesima edizione del Giro delle Fiandre ed issarsi tra i grandi del ciclismo, conquistando la prima Classica monumento della carriera per festeggiare adOudenaarde, dopo 255 chilometri di fatica, in maglia di Campione del mondo.

Partenza ad altissime velocità da Brugge e oltre un’ora e mezzo senza che alcuna fuga prendesse piede, con il gruppo a tamponare su ogni tentativo sviluppatosi. Alla fine sono riusciti ad evadere dal gruppo sei uomini: Hugo Houle (AG2R La Mondiale), Federico Zurlo (Lampre – Merida), Imanol Erviti (Movistar), Gijs Van Hoecke (Topsport Vlaanderen – Baloise), Lukas Pöstlberger (Bora – Argon 18) e Wesley Kreder (Roompot – Oranje Peloton). Il plotone ha lasciato fare sin da subito e questi uomini hanno preso anche 4’30” di vantaggio.

Una volta entrati negli ultimi 150 chilometri, però, il gruppo ha aumentato l’andatura sin dai primi passaggi sul pavé e sui muri. Da segnalare, purtroppo diverse cadute. Ad avere la peggio ArnaudDémare (FDJ) e Tiesj Benoot (Lotto Soudal), costretti ad abbandonare per due incidenti diversi. Sfortunato anche Sep Vanmarcke (LottoNL-Jumbo), coinvolto in diversi problemi di varia natura.

Il primo vero scossone è arrivato sul Molenberg a 115 chilometri dall’arrivo. Un’accelerata secca di Tony Martin dopo un ottimo lavoro della Etixx-QuickStep nei chilometri precedente ha fatto esplodere il plotone, con il gruppetto di testa ridotto a circa 25 unità e il resto dei corridori costretti ad inseguire in lunga fila indiana. Una dichiarazione d’intenti che si è risolta in un nulla di fatto ma che ha messo acido lattico nella gambe degli atleti.

Momento decisivo a poco più di 100 dal traguardo. Caduta di squadra per la BMC, con Greg Van Avermaet che è rimasto piangente a terra: anche lui ha issato bandiera bianca e la sua Settimana Santa potrebbe già essere finita. Nel contempo la fuga si è ridotta a due soli componenti ( Erviti e Van Hoecke), al cui inseguimento si sono lanciati i tedeschi André Greipel (Lotto Soudal) e NilsPolitt (Katusha), mentre il gruppo, approfittando di una fase di corsa più calma, ha lasciato spazio. Oltre questi due teutonici, si sono riportati sui primi anche Grudzev (Astana) e Claeys (Wanty Groupe Gobert).

Il secondo passaggio sul Kwaremont e il primo sul Paterberg, a 50 chilometri dal traguardo, non hanno prodotto selezione ed è stato Koppenberg, solo qualche minuto dopo, a frazionare il gruppo. La salita breve ma intensa, scavata nella terra e dal pavé sconnesso ha messo in fila tutti i favoriti. Stijn Vandenbergh era fuoriuscito dal gruppo con Dylan Van Baarle e si è riportato sulla testa della corsa, probabilmente in vista di qualche attacco da parte dei capitani della Etixx-QuickStep.

La stessa squadra belga è rimasta esclusa dall’attacco che ha deciso la corsa. A promuoverlo il polacco Michael Kwiatkowski (Team Sky) seguito prima da Peter Sagan  e poi da Sep Vanmarcke. Il gruppo non è riuscito a chiudere subito e il vantaggio si questi uomini prima è diventato 100 metri, poi 20 e 30”. Alle loro spalle Cancellara ha messo a lavorare i compagni della Trek Segafredo provando a mantenere controllato il distacco.

Sagan e compagni si sono riportati sulla testa della corsa che in quel momento era formata da Imanol Erviti, André Greipel, Dimitri Claeys, Stijn Vandenbergh e Dylan Van Baarle. Il gruppo, e in particolare Cancellara, è riuscito a limitare i danni e proprio lo svizzero ha rotto gli indugi sul pavé dell’Oude Kwaremont dove ha fatto letteralmente esplodere il gruppo. La sua azione, nonostante sia stata altamente spettacolare, non gli ha consentito di chiudere il buco e in testa alla corsa Sagan aveva fatto a sua volta la differenza seguito solamente da Sep Vanmarcke. Niki Terpstra (Etixx-QuickStep), nascosto per tutta la corsa, è sbucato dal nulla in cima al Kwaremont e si è riportato su Cancellara assieme a Claeys e Van Baarle, staccati una quindicina di secondi dalla testa della corsa.

Sul Paterberg è stato ancora Sagan a fare la voce grossa e pur senza scatti è riuscito a stancare Vanmarcke fino a staccarlo negli ultimi metri di ascesa con un’azione di forza che ha ricordato quella di Cancellara del 2013 quando proprio Sagan fu costretto ad arrendersi allo svizzero. All’inseguimento del campione del mondo Cancellara e Vanmarcke non sono riusciti a ridurre il margine che li separava da Sagan, superiore a tutta la concorrenza nel finale di corsa.

Per lo slovacco si tratta del primo successo della carriera in una Classica Monumento, nonostante abbia già vinto il Campionato del mondo a Richmond. Al Fiandre era salito una volta sul podio nel 2013 (secondo) mentre lo scorso anno aveva chiuso in quarta posizione.

Nel finale Cancellara ha vinto la volata contro Vanmarcke mentre Alexander Kristoff (Katusha) ha regolato facilmente il gruppetto dei battuti in volata. Alle sue spalle Luke Rowe (Team Sky), Van Baarle e Imanol Erviti, in fuga sin dalla prima ora. Ottavo Stybar mentre Claeys e Terpstra hanno completato la top 10.

Nessun italiano tra i migliori 10.

iL FAVORITO VALVERDE VINCE LA LIEGI, IL TRENTACINQUENNE DEL 1980 BEFFA TUTTI E CONFERMA IL PRONOSTICO

La sua maglia blue e verde della Movistar è sbucata negli ultimi metri prima del traguardo, dopo che Dani Moreno del Team Katusha aveva provato l’allungo vincente e aveva anche accarezzato il sogno di un clamoroso trionfo. Un’ambizione vana, che è sfumata per effetto della reazione di Louis Meintjes e in particolare quando Valverde ha deciso di mettere a segno l’affonto vincente. Un razzo, lo spagnolo. Incontenibile. Ha messo in fila il francese Julian Alaphilippe (Etixx) e il rivale di sempre Joaquim ‘Purito’ Rodriguez (Katusha).

A seguire, i vari Rui Costa, Kreuziger, Bardet, Henao e Domenico Pozzovivo, reduce dal Giro del Trentino, che ha ottenuto l’8/o posto e alla fine è risultato il migliore degli italiani. Non c’è stato spazio per la ‘prima volta’ di Vincenzo Nibali, secondo nel 2012 e atteso fra i big: lo ‘Squalo dello Stretto’, che non ha mai nascosto le proprie ambizioni, sull’ultima cote, il Saint-Nicolas, è andato in cerca della gloria, ma non ha avuto il guizzo dei tempi migliori. Il suo obiettivo (il bis al Tour de France) rimane tuttavia immutato.

L’Astana, anche per via della fuga di Michele Scarponi, e successivamente il Team Katusha avevano provato a isolare Valverde che, assieme al polacco Michal Kwiatkowski, era ritenuto l’avversario più temibile. E a ragion veduta, visto il verdetto emesso dalle strade delle Ardenne, dove l’alfiere della Movistar ha conquistato in un colpo solo la Freccia-Vallone e la ‘Liegi’ 2015, non due corse qualsiasi. Un mostro di continuità, un corridore abile a confermarsi anche alla veneranda età di 35 anni. Adesso Valverde è atteso dal Giro d’Italia, che scatterà dalla Liguria il 9 maggio prossimo. La sua presenza è ancora in forse, ma gli organizzatori ci sperano.

PER LE CRONACHE DEL NORD, MICHAEL KWIATKOWSKI, VINCE L’AMSTEL, UN BRAVO VA A VINCENZO NIBALI PER IL TENTATIVO DI FUGA CHE HA TENUTO I SUOI TIFOSI CON IL FIATO SOSPESO

KIATO

Michal Kwiatkowski con la maglia iridata, finalmente. Il polacco campione del mondo sfata la maledizione, ultimamente abbastanza consolidata, che vuole i detentori dell’iride steccare nelle classiche, vincendo la Amstel Gold Race, corsa principale dei Paesi Bassi, prima prova del trittico delle Ardenne che proseguirà mercoledì prossimo con la Freccia Vallone e domenica con la Doyenne, la Liegi-Bastogne-Liegi. Kwiatkowski si impone in una volata a ranghi ristretti: l’ultimo che all’Amstel ci era riuscito da mondiale era stato Bernard Hinault nel 1981. Niente da fare per Gilbert, a caccia di un poker che sfuma sul più bello: sul ‘berg’ decisivo a lui tanto caro (ci ha vinto anche un mondiale) il Cauberg, il vallone non riesce a fare completamente la differenza.Resiste Michael Matthews: l’australiano tra notevoli sofferenze ne tiene la ruota, annullandone le velleità e prendendosi il ruolo di favorito. E’ lui il più veloce tra quelli davanti, ma in volata rimane chiuso e viene preceduto anche da Valverde.

Bella prova degli italiani: nel finale ce ne sono parecchi a giocarsi le proprie chance (Gasparotto chiude ottavo, bravi anche Nocentini e Caruso), ma chi dà veramente spettacolo è Vincenzo Nibali. Lo Squalo dello Stretto, che prima della gara aveva espresso il proprio disagio per la spada di Damocle del giudizio pendente dell’Uci (Astana sotto tiro per la questione doping) scatena un attacco di grande spessore ad una trentina di km dalla fine che non va a segno. Il fattore decisivo è la scivolata di Diego Rosa, fido luogotenente di Nibali, che gli sarebbe stato utilissimo nella fase decisiva. Invece Nibali si trova in un quartetto poco collaborativo: il più forte è Tony Martin ma deve giustamente proteggere Kwiatkowski, con Rosa sarebbe stata un’altra storia. Comunque segnali importanti, dopo il ‘non pervenuto’ di inizio stagione, il siciliano sta carburando. “La condizione va bene, è normale che mi manchi ancora qualcosa dopo il lungo allenamento che ho sostenuto al Teide, ma ci sono e quella di oggi è stata una buona corsa – ha spiegato a Raisport – Il verdetto è che sono sulla strada giusta: un ottimo rientro, che mi dà grande fiducia”. Ora in sequenza il trittico delle Ardenne si completerà con Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi: “Nella prima vedo favorito Purito Rodriguez, mentre nella seconda, per vincere, servono fortuna, gambe e la giornata perfetta”.

Corsa tosta, visto che le salite, tante e brevi, a volte sono delle pugnalate.Gara con un copione abbastanza scontato nella prima parte. Va via una fuga a sei: ci sono De Vreese (Astana), Polanc (Lampre Merida), Roosen (Lotto), Gerdemann (Cult Energy), Van Zyl (Mtn Qhubeka) e Terpstra (Roompton): non inganni il cognome dell’ultimo, non è Niki -l’uomo del pavè-, bensì il fratello Mike. I minuti di vantaggio ci sono, ma è chiaro che la gara non sarà la loro. Una situazione bloccata fino a circa 35 km dall’arrivo, quando Nibali fa esplodere la corsa con una azione decisa. Sa che sul Cauberg non può resistere alla progressione degli specialisti, quindi anticipa. Con lui c’è il fido Rosa, c’è Giampaolo Caruso, ci sono gli australiani Tanner e Clarke, c’è Toni Martin: il tedesco in questi casi con le sue capacità da cronoman ti trascina all’arrivo, stavolta come spiegato si attiene a compiti tattici.

Diciamo che la sorte segna il tentativo di Nibali in una tipica stradina di campagna del Limburgo: curva, Caruso trascina giù rosa, ed il siciliano rimane di fatto senza alleati. A quel punto è la BMC a prendere in mano la situazione. Stopper van Avermaet, stopper Hermans: c’è sempre qualcuno ad interpretare i tentativi degli altri. Insomma, tattica pressoché perfetta. Manca la ciliegina sulla torta Gilbert: lo scatto che tutti attendono arriva, peccato per lui che dalla vetta all’arrivo ci siano 1800 metri, parecchi in falso piano. Matthews, gli rompe le uova nel paniere, Kwiatkowski è freddo nel saper attendere il momento giusto ed allo sprint sfodera una progressione mondiale. Per la prima volta in 50 anni la Polonia iscrive il suo nome nella corsa della birra.

ORDINE D’ARRIVO
1. Michal Kwiatkowski (POL/ETI),  258 km in 6 h 31:49. (media: 39,508 km/h)
2. Alejandro Valverde (ESP/MOV) s.t.
3. Michael Matthews (AUS/ORI) s.t.
4. Rui Costa (POR/LAM) s.t.
5. Greg Van Avermaet (BEL/BMC) s.t.
6. Tony Gallopin (FRA/LOT) s.t.
7. Julian Alaphilippe (FRA/ETI) s.t.
8. Enrico Gasparotto (ITA/WGG) s.t.
9. Maciej Paterski (POL/CCC) s.t.
10. Philippe Gilbert (BEL/BMC)

s.t.
11. Daniel Moreno (ESP/KAT) s.t.
12. Rinaldo Nocentini (ITA/ALM) s.t.
13. Giampaolo Caruso (ITA/KAT) s.t.
14. Roman Kreuziger (CZE/TIN) s.t.
15. Daniel Martin (IRL/CAN) s.t.
16. Lars Petter Nordhaug (NOR/SKY) s.t.
17. Jakob Fuglsang (DEN/AST) s.t.
18. Ben Hermans (BEL/NMC) a 03.
19. Tim Wellens (BEL/LOT) 18.
20. Kristian Sbaragli (ITA/MTN) 18.
32. Joaquim Rodriguez (ESP/KAT) 18.
65. Vincenzo Nibali (ITA/AST) 1:20.http://www.facebook.com/plugins/like.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FRepubblica&action=like&width&height&max_rows=1&colorscheme=light&show_count=true&appId=182234715127717

Parigi-Roubaix Vince John Degenkolb….

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Partire inserendo John Degenkolb in un ristretto club ciclistico da cui è escluso Eddy Merckx dice già molto dell’impresa odierna del tedesco. Solo due corridori prima d’ora, il belga Cyrille Van Hauwaert nel 1908 e l’irlandese Sean Kelly nel 1986, avevano vinto nello stesso anno Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix. Che non ci siano riusciti altri grandi specialisti delle classiche, anche vincitori dell’una e dell’altra in anni diversi, sottolinea quanto conti anche un pizzico di buona sorte per un’accoppiata del genere, ma sottolinea pure l’assoluto valore di quanto mostrato da Degenkolb in queste ultime settimane.
Che la Roubaix fosse una gara molto adatta a lui, l’aveva già fatto capire l’anno scorso, quando chiuse al secondo posto vincendo la volata dei battuti (Niki Terpstra era già arrivato in solitaria al Vélodrome). Quest’anno è bastato evitare che ci fosse il “solitario” della situazione, ed ecco che un identico sforzo (vincere lo sprint di un drappello) vale 100 volte di più, perché tra il secondo posto e il primo – come ben sappiamo – ci passa tutta la differenza del mondo.

Bel tempo uguale minore selezione
Bisognerebbe analizzare i motivi per cui la Parigi-Roubaix numero 113 non sia stata terreno d’elezione per uomini soli al comando. Il bel tempo e la scorrevolezza molto maggiore del fondo stradale rispetto a giornate piovose e fangose sono due elementi che hanno limitato quella selezione naturale che è un classico di questa corsa: basti vedere quanto è stato liscio il passaggio dalla Foresta di Arenberg per farsi un’idea.
In subordine, ciò ha permesso a molti gregari di restare in gioco fino agli ultimi settori di pavé, e questo fattore ha tagliato le gambe ad alcuni attacchi dalla media distanza (i quali in altre edizioni hanno poi partorito azioni personali vincenti): ci viene in mente in particolare la fase dei ventagli sul settore di Tilloy, a 70 km dalla fine, con una quindicina di corridori avvantaggiatisi e poi raggiunti in un ricongiungimento generale poco dopo; una serie di tentativi di seconde linee (dopo il pavé di Orchies si è mosso un interessante drappello comprendente Quinziato e Vandenbergh), immancabilmente frustrati dai team organizzati in gruppo; infine, l’azione più promettente della giornata, quella con Wiggins, Stybar, Vandenbergh e Debusschere, intorno ai 30 km dalla fine: ci ha pensato la Katusha di Kristoff ad annullare questo tentativo.
Ai dati testè elencati, aggiungiamo pure la mancanza di Boonen e Cancellara, non perché gli assenti debbano per forza avere ragione, ma perché parliamo di due grandissimi interpreti della Roubaix, capaci di ribaltare con le sole proprie forze tutti gli schemi che invece abbiamo visto realizzarsi oggi.

Giant perfetta al servizio di un capitano splendido
E parlando di schemi realizzati, non si può non porre il giusto accento su quanto compiuto da Degenkolb e la Giant nel finale di gara. Dopo un tentativo bello e impossibile di Jürgen Roelandts tra i -20 e i -14, avevamo assistito all’ennesimo ricongiungimento (circa 30 uomini stavolta). Mancava un solo settore di pavé (considerando pleonastici i 300 metri di simil-pavé a Roubaix), e in ogni caso le energie tra gli uomini rimasti a giocarsi la vittoria erano parecchio ridotte.
È stato questo il contesto in cui ha preso corpo – a 12 km dalla fine – il tentativo a due Lampaert-Van Avermaet. La coppia belga è stata seguita a distanza da Bert De Backer, ottimo gregario della Giant, la cui presenza a bagnomaria tra i battistrada e i resti del gruppo pareva non avere troppo senso.
Abbiamo capito che invece ce l’aveva eccome, il senso, nel momento in cui ai -11 Degenkolb si è fiondato dal gruppo, lanciandosi proprio su De Backer, che ha svolto così la funzione di punto d’appoggio per il suo capitano. Non è che BDB abbia fatto a questo punto tutta questa grande trenata (aveva già speso abbastanza), ma è stato utilissimo per permettere a John di rifiatare un attimo prima di ripartire (in vista del pavé di Hem) alla caccia di Van Avermaet e Lampaert.

Etixx mentalizzata sul secondo posto
A quel punto (all’uscita da Hem, a 6 km dalla fine) era chiaro che Degenkolb ne aveva di più, oltre al non trascurabile plus dettato dall’essere di gran lunga il più veloce dei due avversari che aveva lì raggiunto. Intanto alle spalle dei battistrada si era formato un nuovo quartetto composto da Stybar, Keukeleire, Boom e Elmiger, e in questo drappello quello che scalpitava era il ceco, altro uomo Etixx oltre a Lampaert che era davanti.
Quest’ultimo aveva quindi la scusa per non collaborare con Degenkolb, e in effetti si è sfilato lasciando il grosso del lavoro al tedesco; Van Avermaet qualche cambio l’ha dato, soprattutto dai -4 in avanti, allorché Stybar – avendo staccato Boom e gli altri – si stava avvicinando tutto solo. Il capitano della BMC ha così reso più difficile il rientro di Zdenek, ma non l’ha potuto scongiurare (ai -3); e poco dopo, a completare il quadro, sono rientrati pure Boom, Elmiger e Keukeleire (ma loro sono arrivati davvero troppo tardi per ipotizzare di anticipare lo sprint).
Si fosse in 3, in 4 o in 7, nessuno ha provato a fare il solletico a Degenkolb in un finale in cui tutti parevano mentalizzati più sul secondo posto che sulla ricerca della vittoria. Van Avermaet avrebbe dovuto semmai tentare uno scatto, anziché andare a tirare per respingere Stybar; quest’ultimo ha speso tantissimo per riavvicinare tutto solo il drappello di testa, e una volta rientrato non ha avuto le gambe per un nuovo break: il massimo che ha saputo fare è stato tirare la volata a Degenkolb (come se John ne avesse bisogno!), partendo in testa nell’ultimo giro all’interno del velodromo, facendosi superare in tromba dall’avversario e chiudendo secondo per un nulla su Van Avermaet.
Non si può proprio dire che gli avversari di Degenkolb abbiano fatto tutto quanto in loro potere – dal punto di vista tattico – per vincere; sono stati giustamente battuti.

Degenkolb, che risposta a Kristoff!
La vittoria di Degenkolb funge anche da clamorosa risposta alle ultime imprese di Alexander Kristoff. I due stanno monopolizzando le grandi classiche quest’anno, e il norvegese – nell’ideale sfida col tedesco – si era portato in vantaggio nei giorni scorsi: una Sanremo per ciascuno, un Fiandre e una Scheldeprijs per Kristoff contro una Parigi-Tours e una Gand per Degenkolb. A livello di peso specifico, il palmarès di Alexander si era fatto più rilevante di quello di John.
La Roubaix rimette il pallino in mano al tedesco, che a 26 anni si fregia della sua seconda Classica Monumento (a proposito: l’unico tedesco ad aver vinto prima d’oggi la classica del pavé era stato Josef Fischer nel 1896. Si trattava della prima edizione!). Di sicuro la sfida è più che mai sentita, magari non tanto dai due corridori (che sono abbastanza paciosi, o almeno danno quest’impressione), quanto a livello di tifosi. Si parla, e molto, di questa diarchia che ha preso di forza il proscenio lasciato vuoto da Boonen e Cancellara. Se ne parlerà ancora di più se gli straordinari risultati di queste settimane avranno un seguito.
Quel che un seguito non ce l’avrà è la stagione delle classiche fiamminghe: per il 2015 chiudiamo con muri e pavé, arrivederci (lacrimuccia) al 2016, e testimone che passa alle corse ardennesi, non prima della gitarella olandese per l’Amstel Gold Race di domenica prossima.

articolo preso da http://www.cicloweb.it

Parigi-Roubaix domenica diretta su rai sport, i favoriti Niki Tepstra, Sepp Vanmarcke, Alessander Kristoff.

Parigi Roubaix novità percorso, diretta e favoriti

Si corre domenica 12 aprile 2015 la 113a edizione della Parigi Roubaix, considerata una delle cinque classiche monumento presenti sul panorama ciclistico mondiale. Novità importanti in vista, infatti i km di pavé (strada non asfaltata) sono aumentati di 1,6 km rendendo la corsa ancora più difficile. Diretta tv dell’evento assicurata dalla Rai che offrirà in chiaro la visione live della Parigi Roubaix 2015 a partire dalle 13,00 su Rai sport 1 e dal solito orario: le 15,05 in poi su Rai tre. Il tutto visibile anche in streaming live sul sito della rai e tramite le applicazioni per smartphone e tablet.

Le novità del percorso.

Quest’anno i tratti in pavé che gli organizzatori hanno incluso risultano essere 27, in totale 52,7 km, con una novità. Rispetto ai 51,1 km dello scorso anno, prolungamento di 1,6 km che di certo non diminuirà lo spettacolo. Il percorso totale misura 252 km e l’arrivo nello storico velodromo di Roubaix che è sede d’arrivo da molte edizioni. Secondo gli esperti ed i tecnici il percorso è simile a quello che nel 2013 vide il trionfo di Cancellara davanti a Vanmarcke e Terpstra (vincitore dell’edizione 2014). Saranno decisivi come sempre i tratti più complicati: la foresta di Aremberg, Mons en Pévèle e il Carrefour de l’Arbre.

L’orario della diretta rai anche in streaming live.

Diretta assicurata dalla Rai che comincerà alle ore 13,00 su Rai sport 1 con lo studio di Andrea De Luca ed il commento tecnico dell’ex ciclista Stefano Garzelli. Proseguirà a partire dalle ore 15,05 su Rai tre con la linea che passerà definitivamente agli inviati: Francesco Pancani, Silvio Martinello ed Alessandra De Stefano. Inoltre per chi si trovasse fuori casa c’è anche la possibilità di vedere la Parigi Roubaix 2015 in streaming live direttamente sul tablet o sullo smartphone, attraverso l’applicazione gratuita: Rai.tv.

I favoriti della Parigi Roubaix 2015.

La gara è adatta a chi ha dimostrato di saper andare sul pavé sapendo resistere a tutti gli imprevisti che possono capitare lungo i 253 km del percorso, tra i favoriti: Alexander Kristoff, fresco vincitore del Giro delle Fiandre 2015, Niki Terpstra che ha vinto a Roubaix nel 2014 in solitaria, Sepp Vanmarcke, sempre piazzato tra i primi. Per quanto riguarda i nostri colori Filippo Pozzato pare stia attraversando un buon momento di forma, non resta che attendere la diretta tv.

articolo preso da http://it.blastingnews.com/

Giro delle Fiandre, vince Kristoff.

Due corridori investiti dalle auto

Il norvegese domina lo sprint dopo essere stato in fuga negli ultimi 25 km insieme a Niki Terpstra. La macchina del cambio ruote urta Sergent, poi incidenti in corsa.

Il norvegese Alexander Kristoff ha vinto la 99/a edizione del giro delle Fiandre, battendo in volata il compagno di fuga, l’olandese Niki Terpstra. Al terzo posto il belga Greg Van Avermaet. Il Fiandre si è corso da Bruges a Oudenaarde, lungo 264,2 chilometri. Per Kristoff è il decimo successo stagionale, il più recente, prima del Fiandre, è la Tre giorni di La Panne.

GLI ULTIMI KM — L’attacco fondamentale si è svolto appena terminato il Kruisberg, il 17esimo dei 19 muri previsti a circa 25 km dall’arrivo. Dal gruppo dei migliori che era in testa è scattato Niki Terpstra. Subita a ruota gli è andato Alexander Kristoff. Poi sono partiti Greg Van Avermaet e Peter Sagan ma oramai il buco era fatto. Negli ultimi km l’olandese della Etixx che lo scorso anno ha vinto la Roubaix non ha dato cambi al norvegese (i due hanno avuto fino a 30″ di vantaggio) che comunque ha vinto agevolmente lo sprint. Il britannico Geraint Thomas, tra i favoriti, ha concluso fuori dai primi 10.

INCIDENTI — La corsa è stata caratterizzata da una serie di incidenti provocati da auto. Il più grave ha coinvolto l’incolpevole Jesse Sergent, urtato dalla vettura del cambio ruote e costretto il neozelandese al ritiro con la clavicola fratturata. Il team manager della Trek Luca Guercilena ha twittato furioso: ” Grazie alla vettura Shimano che ha urtato Sergent. Davvero una mossa professionale. Idiota, idiota, idiota”. Poi un’altra auto del cambio ruote ha tamponato l’ammiraglia della Fdj che stava assistendo Sebastien Chavanel. Ultimo episodio, l’arco gonfiabile che segnava i 60 km dal traguardo si è in parte sgonfiato al passaggio dei corridori, alcuni dei quali si sono dovuti accucciare su manubrio per passare. Ma l’episodio ha ritardato il passaggio delle ammiraglie.

ARRIVO — 1. Alexander Kristoff (Nor, Katusha) in 6:26’38” alla media di 41 km/h; 2. Terpstra (Ola); 3. Van Avermaet (Bel) a 7″; 4. Sagan (Svk) a 17″; 5. Benoot (Bel) a 35″; 6. Boom (Ola); 7. Degenkolb (Ger) a 48″; 8. Roelandts (Bel); 9.Stybar (R. Cec.); 10. Elmiger (Svi).

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